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17 ragioni per tagliarvi i polsi…se siete Michael Moore

Ovviamente, non pensandola come Michael Moore nel suo articolo, dico la mia. Se c’è una ragione per non tagliarsi i polsi, questa è la “sconfitta” del regista di Fahrenheit 9/11. Non perché Bush sia un santo, ma perché non lo è stato neanche Moore che ha riempito il film di almeno 59 ambiguità, furbate ed “errori” presumibilmente deliberati in un’ottica in cui si poteva vincere con pochi voti, come vinse Bush nel 2000. Ammesso che Bush sia un mistificatore lo è anche Moore.

Eppure forse le ragioni per tagliarseli (i polsi) ci sono e provo a vederle ragionando sui punti di Moore.

  1. Rudolph Giuliani, che probabilmente sarà il prossimo candidato repubblicano, è una figura carismatica e potrebbe essere un osso molto duro. Hillary Clinton è certamente migliore di John Kerry, ma viene considerata troppo snob per essere votata da alcune fasce dell’elettorato democratico.
  2. Presenta una visione parziale e auto-indulgente dei dati.
  3. «i tuoi genitori sbagliano sempre e non dovresti stare ad ascoltarli».
    Affermazione pesantissima, diseducativa (per sua figlia Natalie, innanzitutto), deplorevole. Credo anche da parte dei genitori democratici.
  4. Mancano le fonti dei sondaggi sul presidente e sulla guerra, come spesso avviene nei lavori di Moore. Ragionando secondo logica, potrebbero far parte di batterie di domande da cui sono stati tratti anche gli exit poll. E gli exit poll erano sbagliati; quindi, sempre seguendo la logica, Moore potrebbe non argomentare su dati veri.
    Trovo bizzarro e (forse) offensivo il fatto che Moore accomuni tra le cose incomprensibili dell’America Pop Tarts ed elettori.
  5. Il fatto che Moore dubiti delle capacità dei democratici di «fare il loro lavoro» proietta pesanti ombre sull’appoggio (fino a prima delle elezioni incondizionato) di Moore alla causa democratica.
  6. Presenta una visione parziale e auto-indulgente dei dati. Quanto alle Hawaii c’è ben poco da gioire, poiché da sempre le Hawaii hanno votato in massa per i candidati democratici, Linda Lingle (repubblica) è stata eletta governatore dopo 40 anni di governatori democratici e la percentuale dei votanti di Bush (44%) è tra le più alte di tutti i tempi per un candidato repubblicano. Il trend non sembra, quindi, positivo.
    «Possiamo disidratarli o seppellirli nella lava».
    Frase di cattivo gusto e che allude alla “distruzione” fisica dell’avversario. Suona sinistra in un contesto di elezioni democratiche.
  7. La “noce velenosa” per i democratici è forse proprio Michael Moore. Nel 2000 sostenne il candidato Nader, da più parti indicato come detrattore di voti ad Al Gore. Fahrenheit è forse stato “nocivo” (e torna la metafora della noce) a John Kerry nel 2004.
  8. Trovo l’osservazione sul declino dei bianchi in America vagamente discriminatoria.
  9. Taccagno.
  10. Vedasi il punto 8.
  11. L’ex rettore dell’University of South Florida (USF) [Betty Castor, che è stata particolarmente “tenera” con Sami al-Arian, immigrante palestinese che insegnava ingegneria accusato nel 1994 di essere stato a capo del maggiore gruppo di supporto presente negli Stati Uniti del Jihad islamico, una celebre organizzazione terroristica; n.d.a.] è stato battuto nella corsa per il Senato in Florida. Beviamoci su!
  12. Vecchio maniaco.
  13. Magra consolazione.
  14. Da come stanno andando le cose sembra che Bush nel weekend si dia da fare a Falluja, non a Kennebunkport [località del Maine in cui si trova la casa al mare di George W. Bush; n.d.a.].
    Concordo, invece, con Moore sui calci nel posteriore da lui ricevuti.
  15. Ho letto su un giornale che l’Ulivo crede alla costruzione dell'”eredità” e si sta già portando avanti: chiedono fin d’ora il ritiro dall’Iran…
  16. Da quella linea delle tre yard la squadra avversaria rifà meta. Meglio prendere le palle per terra (…) e tornare a casa (piangendo).
  17. Ma i media americani non erano quasi tutti contro Bush? Non parlano forse di 100.000 morti [stima della rivista “The lancet”; n.d.a.] (cifra impossibile) in Iraq?

L’America ha bisogno di un presidente, checché ne dica Mort. E questo presidente, a detta degli elettori e con buona pace di Michael Moore, si chiama George W. Bush.

Immagine di Michael Moore ottenuta componendo le immagini della campagna elettorale di George W. Bush