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L’Iraq di Anna

Qualche mese fa scrivevo con un misto di ansia e di orgoglio della mia amica Anna in partenza per l’Iraq per la missione della Croce Rossa.

Anna è tornata in Italia da qualche mese. Nel giorno nelle elezioni in Iraq voglio postare il breve taccuino etnografico che racchiude la sua esperienza a Tallil e che è stato pubblicato su La critica sociologica di dicembre 2004. Leggendo il testo mi sono commosso, mi sono sentito orgoglioso e ho sperato. E mi sono detto (ancora una volta) «ecco che cosa fa l’Italia in Iraq».

L’Iraq che ho conosciuto io è fatto di esperienza di vita, dell’intensità dei rapporti umani che un simile luogo e il farsi quotidiano dell’esistenza producono.
Si vive in tende di tela, ci si sveglia presto, la vita è scandita da orari che diventano riti e da affetti che diventano i propri compagni di viaggio, punti di riferimento importanti con i quali condividere i momenti ed un legame unico e speciale.
L’Iraq che ho vissuto conserva il ricordo del tempo di incredibili, preziosi istanti di poesia e di momenti in cui si percepisce la bellezza delle piccole cose, così importanti, così fondamentali come il respiro. Non è solo storia di piccole Gofran che ho tenuto in braccio fino a farle addormentare, o dei bimbi Mohammed affidati a noi per le cure o intravisti agli angoli di strade polverose a chiedere acqua. Il mio Iraq è anche quello dei momenti condivisi, quello delle chiacchiere intorno ad una cassa adibita a tavolino sotto un cielo nero e sfavillante di stelle.
Quello dei mattini di tende addormentate accarezzate da un morbido sole e dei primi pensieri inzuppati in un caffè. Quello della condivisione di momenti difficili, di debolezza, di smarrimento in un luogo dove la precarietà e la fragilità spesso sfiorano i pensieri. Poco più fuori si spara e di notte il rumore degli elicotteri che volano bassi ghiacciano il sonno in una notte senza altri rumori, immobile e tesa.

Il testo completo è qui. Grazie Anna.

Abbraccio tra crocerossina e militare italiano in Iraq