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Le cose

Quando ero bambino, mentre mi toglievo i maglioni e le camicie prima di andare a letto, a volte mi chiedevo se le cose fossero senzienti. D’accordo, sono cose, ma se sentissero? E allora mi sfilavo piano i maglioni, per non sdillabrarli. Una forma di rispetto per una cosa.

E quanto contano le cose? Certe magliette, i libri, i cd? Giocattoli, piccoli oggetti, telefonini ora giganti che furono animati da quelle parole, usurati, graffiati, dismessi e poi dimenticati. Quelle che ho perso e che non rivedrò mai più, che con me hanno vissuto un momento impossibile da dimenticare e dimenticato. Accendono sinestesie, stringendole rabbia. Sbiadiscono nel ricordo.

Domani vado a Catania per un convegno. Andrò con la mia 206, quella del ’99, del ritorno da Montpellier, di me nuovo, di passione e mare, del pappagallo di pelouche, di aspettare che torni. La prossima settimana questa macchina verrà rimpiazzata, da un’altra 206.

Le cose non conservano memoria di quello che è stato, né sentono. Le persone sì.