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La fine della storia della sinistra (il mondo è andato avanti)

La reazione isterica della sinistra occidentale alla rielezione del presidente George W. Bush non è soltanto un urlo primitivo di politici e intellettuali privati del potere politico. Il linguaggio violento, i numerosi atti di violenza e la demonizzazione di Bush e del suo elettorato – la stessa diretta contro Tony Blair nel Regno Unito, Jose Maria Aznar in Spagna e Silvio Berlusconi in Italia – preannunciano un evento più importante: il rantolo mortale della Sinistra tradizionale, sia come forza politica dominante sia come visione intellettuale.

Nella maggior parte dei casi la sinistra si trova a vincere al giorno d’oggi le elezioni solamente quando i suoi candidati corrono con il programma degli avversari (Clinton e Blair) o quando il panico travolge la politica (Zapatero e Schroeder). In circostanze normali i candidati di sinistra che corrono come tali vincono raramente, prova che la loro ideologia – l’ideologia che ha dominato il dibattito politico e intellettuale per la maggior parte del secolo scorso – è esausta. Quando le loro idee erano in voga i difensori della sinistra hanno considerato le sconfitte elettorali come qualcosa di facilmente superabile, fiduciosi del fatto che la loro visione fosse di gran lunga più popolare – perché di gran lunga più accurata – della visione del mondo degli avversari. La storia e la logica erano dalla loro parte. Ma non lo sono più. La rabbia immotivata e i violenti attacchi personali ai vincitori sono segni inequivocabili di una visione fallita.

Ironicamente la visione della storia della sinistra ci fornisce parte della spiegazione della sua morte. Sia Marx che Hegel avevano compreso che il mondo cambia continuamente e che le idee cambiano con esso. Il mondo che hanno conosciuto – e successivamente trasformato – aveva una società di classi chiuse dominata dai membri della famiglia reale e dall’aristocrazia. Si sono inseriti nella lotta di classe credendola motore della storia umana e hanno lottato per la libertà di tutti. Le generazioni della sinistra successive hanno predicato e organizzato la rivoluzione democratica in patria e all’estero, dal rovesciamento dei tiranni all’abolizione dei privilegi di classe e alla redistribuzione del potere politico e della ricchezza materiale.

In modo davvero dialettico, sono stati vinti dal loro stesso successo. Nonappena i lavoratori un tempo poveri sono diventati più ricchi il concetto di proletariato è diventato antiquato, insieme con l’idea originaria della lotta di classe. Allora il fallimento del manifesto e l’odiosa tirannia delle rivoluzioni di sinistra del ventesimo secolo portate avanti in nome della classe dei lavoratori – specie in Russia, Cina e a Cuba – hanno minato il fascino delle vecchie dottrine rivoluzionarie e poco ha contato il grado di disperazione con cui la sinistra ha spiegato che le tirannie comuniste fossero un’aberrazione o una distorsione della loro visione.

Così l’ideologia della sinistra è diventata anacronistica persino nell’Europa dell’est, luogo dov’era nata e fonte del suo modello storico. Ma il maggiore cambiamento è stato rappresentato dall’emergere degli Stati Uniti come stato più potente, produttivo e creativo del mondo. Ha sempre costituito una grossa difficoltà per la sinistra la comprensione dell’America, la cui storia, ideologia e sociologia non sono mai state ricomprendibili negli schemi della sinistra. Anche coloro i quali hanno spieagato che c’erano divisioni in classi in America hanno dovuto ammettere che il “proletariato americano” non ha avuto coscienza di classe. Il corollario politico è stato che non c’è mai stato un movimento marxista di massa negli Stati Uniti. Ogni stato europeo ha avuto grossi partiti socialisti e qualcuno ha avuto partiti nella sostanza comunisti; gli Stati Uniti non ne hanno avuto nessuno. Effettivamente la maggior parte dei sindacati americani sono stati anticomunisti. Come hanno dimostrato Seymour Martin Lipset e altri gli ideali centrali per il socialismo europeo – che hanno ispirato molti intellettuali di sinistra americani – erano ricompresi nel e moderati dal sogno americano. L’America ha conosciuto davvero poco dell’odio di classe che ha dominato a lungo l’Europa; i lavoratori americani volevano diventare ricchi e credevano di poter riuscire. Gli europei di sinistra – e la gran parte dell’élite intellettuale americana – hanno creduto che solamente il controllo statale di un partito radicale potrebbe portare le loro società sulla strada dell’eguaglianza.

Il successo dell’America è ha costituito così una ferita devastante per la sinistra. Non ci si aspettava che accadesse. E il successo americano e stato particolarmente graffiante perché è arrivato a spese dell’Europa stessa, e dell’incarnazione del più utopistico sogno della sinistra: l’Unione Sovietica. Persino i rappresentanti della sinistra che sono stati apertamente critici sugli “eccessi” di Stalin non potrebbero perdonare l’America per aver abbattuto l’impero sovietico e per essere diventata la superpotenza mondiale. Come Marx ed Hegel avrebbero capito i primi segni di isterico antiamericanismo della sinistra hanno accompagnato la presidenza di Ronald Reagan. La rinascita del potere economico americano e la sconfitta dei sovietici hanno evidenziato l’inadeguatezza della sinistra ad adeguarsi alle trasformazioni del mondo. L’intellettuale di New York che manifestò il suo stupore per l’elezione di Reagan dicendo «Non conosco una sola persona che abbia votato per lui» ha ben descritto il processo dialettico attraverso il quale un intero gruppo di idee sono divenute parte della storia.

La lenta morte della sinistra non è dipesa soltanto dalla sua inadeguatezza a comprendere quanto profondamente il mondo era cambiato, ma ha compreso elementi che erano presenti contemporaneamente, fuori dal campo del pensiero di sinistra. Marx è stato notoriamente incapace di comprendere l’importanza della religione, che ha sdegnosamente caratterizzato come «oppio dei popoli» e la sinistra ha per molto tempo combattuto contro le religioni organizzate. Ma la società americana è rimasta a lungo una società religiosa, caratteristica che ha sconcertato e innervosito i rappresentanti della sinistra. Alla vigilia delle elezioni del 2004 circa il 40 percento dell’elettorato era composto di cristiani battezzati e il mondo intero è alle prese con una massiccia rinascita religiosa e ancora gli intellettuali e i politici sempre più isolati della sinistra hanno contatti limitati e una anche minore comprensione del popolo della fede.

Incapace sia di capire che di trasformare il mondo, com’era prevedibile, la sinistra ha perso la pazienza. Era largamente prevedibile che avrebbero cercato di spiegare le ripetute sconfitte evocando la frode o screditando i loro stessi candidati o dando la colpa alla stupidità dell’elettorato. Le loro urla di dolore e di rabbia riecheggiano quelle delle élite del passato che guardando avanti videro l’abisso. Non esiste prova più drammatica della morte della sinistra del passaggio della sua visione principale – la rivoluzione democratica globale – nelle mani di coloro i quali si chiamano conservatori. La storia non è certamente finita, ma ha aggunto un nuovo strato al suo variegato mucchio

(Michael Ledeen, editorialista di National Review Online).

Articolo interessante, a dispetto dell’ultima riga un po’ troppo “neocona” per i miei gusti. L’originale si trova qui.