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Maqueda

Don Bernardino de Cárdenas y Enríquez, duca di Maqueda, fu viceré di Sicilia dal 1598 al 1601. Discendeva da una famiglia aristocratica castigliana. Tracciò l’omonima via del centro di Palermo, poi denominata per un certo periodo via Toledo. Risuona ancora il nome che il popolo le attribuiva: «strata nova».

Attualmente il popolo la chiama (barbaramente) via MaQQQueda.

Mi permetto di suggerire che, vista l’etimologia spagnola, la pronuncia corretta dovrebbe essere Machéda…

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Della testa nessuna traccia

La scorsa settimana sono accadute due cose importanti: ho preso la macchina e ho perso la testa. La macchina funziona benissimo; la testa funziona malissimo.

Camminavo per una strada e sono stato colpito da un fulmine. Fzz! Praticamente bruciacchiato.

Cerco ancora la testa per i vicoli della Palermo antica. Ma ho trovato case in affitto, camminatori solitari, illuminazione artistica, un locale che si chiama Cala vuci con dentro Alicia Keys imprigionata in un cd che cantava If I ain’t got you, la porta dei Greci, tanti nomi per una rivista d’arte contemporanea online, il luogo dove finiscono le ore di sonno non consumato, un senso per le mie dita e due orologi sul polso sbagliato.

Della testa nessuna traccia.

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Blog requiem

Blogger toccatevi! BlogItalia aggiunge nuovi contenuti (articoli, interviste e recensioni) e io ho scritto dei blog che hanno chiuso di recente e di quelli che (?) chiuderanno presto… :P

L’articolo è qui.

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Le cose

Quando ero bambino, mentre mi toglievo i maglioni e le camicie prima di andare a letto, a volte mi chiedevo se le cose fossero senzienti. D’accordo, sono cose, ma se sentissero? E allora mi sfilavo piano i maglioni, per non sdillabrarli. Una forma di rispetto per una cosa.

E quanto contano le cose? Certe magliette, i libri, i cd? Giocattoli, piccoli oggetti, telefonini ora giganti che furono animati da quelle parole, usurati, graffiati, dismessi e poi dimenticati. Quelle che ho perso e che non rivedrò mai più, che con me hanno vissuto un momento impossibile da dimenticare e dimenticato. Accendono sinestesie, stringendole rabbia. Sbiadiscono nel ricordo.

Domani vado a Catania per un convegno. Andrò con la mia 206, quella del ’99, del ritorno da Montpellier, di me nuovo, di passione e mare, del pappagallo di pelouche, di aspettare che torni. La prossima settimana questa macchina verrà rimpiazzata, da un’altra 206.

Le cose non conservano memoria di quello che è stato, né sentono. Le persone sì.

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Radio Deejay, nuovo sito

Radio Deejay ha un nuovo sito Internet. In effetti il layout precedente era stato “spremuto” a sufficienza e navigarci era diventato un mezzo casino. Nel nuovo ci sono scelte sostanzialmente corrette quanto a architettura dell’informazione. Sono un po’ perplesso, invece, circa l’accessibilità…

Presente nei wallpaper e un po’ in giro un quadrato che racchiude un segno + che (credo) sta per “positività”.

Radio Deejay

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L’Iraq di Anna

Qualche mese fa scrivevo con un misto di ansia e di orgoglio della mia amica Anna in partenza per l’Iraq per la missione della Croce Rossa.

Anna è tornata in Italia da qualche mese. Nel giorno nelle elezioni in Iraq voglio postare il breve taccuino etnografico che racchiude la sua esperienza a Tallil e che è stato pubblicato su La critica sociologica di dicembre 2004. Leggendo il testo mi sono commosso, mi sono sentito orgoglioso e ho sperato. E mi sono detto (ancora una volta) «ecco che cosa fa l’Italia in Iraq».

L’Iraq che ho conosciuto io è fatto di esperienza di vita, dell’intensità dei rapporti umani che un simile luogo e il farsi quotidiano dell’esistenza producono.
Si vive in tende di tela, ci si sveglia presto, la vita è scandita da orari che diventano riti e da affetti che diventano i propri compagni di viaggio, punti di riferimento importanti con i quali condividere i momenti ed un legame unico e speciale.
L’Iraq che ho vissuto conserva il ricordo del tempo di incredibili, preziosi istanti di poesia e di momenti in cui si percepisce la bellezza delle piccole cose, così importanti, così fondamentali come il respiro. Non è solo storia di piccole Gofran che ho tenuto in braccio fino a farle addormentare, o dei bimbi Mohammed affidati a noi per le cure o intravisti agli angoli di strade polverose a chiedere acqua. Il mio Iraq è anche quello dei momenti condivisi, quello delle chiacchiere intorno ad una cassa adibita a tavolino sotto un cielo nero e sfavillante di stelle.
Quello dei mattini di tende addormentate accarezzate da un morbido sole e dei primi pensieri inzuppati in un caffè. Quello della condivisione di momenti difficili, di debolezza, di smarrimento in un luogo dove la precarietà e la fragilità spesso sfiorano i pensieri. Poco più fuori si spara e di notte il rumore degli elicotteri che volano bassi ghiacciano il sonno in una notte senza altri rumori, immobile e tesa.

Il testo completo è qui. Grazie Anna.

Abbraccio tra crocerossina e militare italiano in Iraq

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Citroën C4 transformer

Vi state chiedendo quale sia l’irresistibile colonna sonora dello spot della Citroën C4 che si trasforma e balla come un Transformer? È Jacques your body (make me sweat) dei Les Rythmes Digitales.

Curiosità: la coreografia e il balletto (ripreso e digitalizzato grazie a diversi sensori applicati al corpo con la tecnologia motion capture) sono di Marty Kudelka, coreografo di Justin Timberlake (nella finestrella in alto a destra nell’immagine).

Scarica lo spot della Citroën C4

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